Tuesday, August 29, 2006

CONTESTO STORICO E SOCIALE DEL DOPO GUERRA.

Per gli Stati Uniti, il conflitto in Europa e poi l'effettivo ingresso in guerra avevano segnato il decisivo superamento della crisi iniziata nel '29; nel 1939 infatti l'economia americana stava recuperando i livelli di produzione precedenti all'anno della caduta. Gli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto conobbero un notevole aumento dei redditi privati con conseguente espansione dei consumi dei beni durevoli (automobili, frigoriferi, televisioni) favorendo così la crescita industriale del decennio successivo. Ma gli anni della guerra produssero anche altri importanti effetti: grandi masse di persone cominciarono a spostarsi da ovest a est e una tale ridistribuzione della popolazione determinò la nascita di grandi sobborghi adibiti esclusivamente all'abitazione prima di ceti medio-alti e poi degli strati popolari. Inoltre al deflusso di gente bianca dalle zone centrali corrispondeva un aumento di persone di colore che dal sud del paese si dirigevano verso le aree urbane a cui si aggiungeva un flusso di immigranti provenienti dagli stati caraibici e dal Messico. Le tensioni tra le razze all'interno delle forze armate durante il conflitto mondiale rappresentarono le prime avvisaglie della tendenza allo scontro razziale del dopoguerra: Ku Klux Klan e, in risposta, Black Power.Gli anni Cinquanta furono caratterizzati sul piano economico da una fase di crescita pressoché ininterrotta fino al 1958 e sostanzialmente in politica interna il clima si mantenne poco conflittuale. Sul piano sociale i contrasti razziali si andarono accentuando man mano che le razze si trovavano sempre più vicine e a contatto nelle grandi città; i neri cercavano dove vivere mentre i bianchi fuggivano rifugiandosi nei sobborghi. Negli ultimi anni del decennio si andò spezzando quell'equilibrio cominciato nel '47 basato fondamentalmente sulla rigida separazione dei contrasti e delle contraddizioni sociali e politiche. Inoltre il periodo fu dominato da un forte patriottismo, originato dalla guerra fredda, che evidentemente non lasciava spazio a un conflitto interno. Infatti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, la potenza americana si stendeva incontrastata su gran parte del globo. Non solo il suo esercito era accampato nel cuore dell'Europa e non solo la sua flotta e aviazione erano superiori per numero, potenza, tattica e tecnica, ma , in un panorama generale segnato dalle rovine della guerra, gli Stati Uniti con solo il 7% della popolazione mondiale detenevano circa un terzo del prodotto lordo mondiale e più della metà delle riserve ufficiali d'oro. La distruzione politica dell'Europa e l'enorme influenza esercitata in essa dall'URSS furono i primi elementi del quadro postbellico che richiesero alla nazione americana la presa di coscienza dei suoi compiti di controllo del centro del potere mondiale: il crollo contemporaneo di tutti gli stati europei contribuì decisamente a indirizzare in modo definitivo la predisposizione dello spirito nazionale americano finendo per determinare la creazione di un impero. Un impero liberale dunque governato dal libero scambio e in grado di superare ogni particolarismo nazionale in nome della prosperità complessiva del sistema basato quindi su uno sfondo ideologico riassumibile in Democrazia, Internazionalismo e Cooperazione. Come già l'impero britannico nell'Ottocento, gli Stati Uniti esistevano per adempiere a un compito etico, per portare la happiness (=felicità) e la libertà ai popoli della Terra. Tutto ciò fu evidentemente accompagnato da una profonda fede nel progresso e nell'umanità, dal culto del self made man e dal mito di una presunta missione americana. Pertanto l'America non combatteva una guerra qualsiasi, ma lottava per il trionfo del bene sul male dove il male era rappresentato dal totalitarismo, nemico mortale del mondo occidentale democratico. "Luglio 1945 [...] Dai Curie a Fermi, mezzo secolo di ricerche nel mondo infinitamente piccolo hanno messo davanti agli occhi dell'umanità, che guarda con speranza l'avvento della pace, le sconvolgenti applicazioni del nuovo simbolo della scienza - e della storia -: l'atomo". "Per molti l'aver sganciato la bomba atomica su Nagasaki non rappresentò l'ultimo atto della seconda guerra mondiale quanto piuttosto la prima azione della guerra fredda". Infatti ogni prospettiva internazionale di utilizzazione dell'atomo come fonte di energia tramontò rapidamente col deteriorarsi della situazione politica: dopo la guerra combattuta con le armi convenzionali, aveva inizio la guerra fredda. A pochi anni di distanza dal 1945, il mondo presentava un volto radicalmente nuovo; due paesi, USA e URSS, erano a capo di sistemi di alleanze nettamente contrapposti per proporsi entrambe come possibili leader del mondo intero. Gli Stati Uniti si proponevano di egemonizzare il globo per via economica mentre l'Unione Sovietica per via politica e militare. Tuttavia le due potenze erano accomunate dalla capacità distruttiva globale, disponendo entrambe di armi nucleari, e dalla politica interna dei due imperi, basata fondamentalmente sulla minaccia rappresentata dall'avversario. Il decennio quindi successivo alla fine del conflitto fu attraversato da una serie di situazioni critiche che tennero l'umanità intera col fiato sospeso.Anche se fredda, poiché le armi non potevano essere usate, quella fu una guerra a tutti gli effetti sul piano dell'asprezza dei rapporti internazionali. Si partì con la teoria del "contenimento" del presidente Truman, secondo cui gli Stati Uniti avrebbero contrastato in ogni modo l'avanzata del comunismo, per poi arrivare alla strategia della rappresaglia massiccia, che mirava a combattere il nemico dissuadendolo in partenza dall'iniziare le ostilità, e all'effettivo "equilibrio del terrore", assicurato dalla certezza della mutua distruzione. L'esistenza della bomba atomica aveva portato il cittadino a vedersi enormemente diminuito il suo potere contrattuale di fronte allo stato e, dato il rovesciamento della tendenza storica della progressiva umanizzazione della guerra volta alla tutela dei civili e dei prigionieri, a sentirsi ridotto in una condizione di continua precarietà. Guerra giusta e guerra ingiusta? Per decine di milioni di morti, non è più possibile parlare di aggressore e di aggredito, di vincitore e di vinto o di territorio; lo scopo della guerra ora è la distruzione dell'avversario: "una guerra nucleare sarebbe la fine dell'umanità". Allora risulta chiaro e appropriato parlare di ""equilibrio del terrore"" e pensando al futuro non si può che farlo con incertezza e timore. La crisi di Cuba del '62, il braccio di ferro tra Kennedy e Krusciov, rappresentò un momento di grande ansia in cui si temette una prova di forza tra USA e URSS. Ecco allora, la guerra fredda; il ricordo persistente e incancellabile di Hiroshima e Nagasaki, il pericolo costante della bomba; la "caccia alle streghe" maccartista e i procedimenti da inquisizione utilizzati (arresti, interrogatori, condanne, libri bruciati o censurati e intellettuali indicati come sovversivi); la violenza postbellica individuale e di gruppo; la progressiva stabilità economica che tentava di mascherare il vuoto divenendo l'unico obiettivo della classe medio-alta, l'estendersi di quelle enormi "sacche" di povertà, l'esistenza di un diffuso malumore operaio, la mancanza di un vero mondo giovanile che la guerra aveva drasticamente ridotto; la sfida nascente crescente e vincente della tecnologia e dei mass media; l'isolamento e la frammentazione degli individui nella grande crescita demografica, il trapasso da una generazione a un'altra; e infine, il delinearsi del ghetto come punto nevralgico della società USA con tutti i suoi elementi culturali: Jazz, be-bop, esplosioni di rabbia e primi tentativi di organizzazione. Per ultimo, l'aumento della popolazione e delle sue necessità, l'espansione urbana e delle infrastrutture, la moltiplicazione degli insediamenti industriali-inquinanti, produssero una nuova consapevolezza nel modo di guardare l'environment (=ambiente). Così si segnò un'altra rottura storica di ampiezza e profondità enormi che contribuì ulteriormente a determinare la crisi epocale del periodo. Nascono i cosiddetti movimenti controculturali, antiscientisti, antindustrialisti e ambientalisti. L'altissimo grado di interconnessione e interdipendenza dei nuovi modelli urbano-industriali si è manifestato in fenomeni come: motorizzazioni, lavorazioni industriali, pesticidi, inquinamento atmosferico e acustico, il problema dei rifiuti, la crescente sottrazione di terreni alle aree agricole per le infrastrutture, la scomparsa di centinaia di specie animali e vegetali e il disboscamento massiccio dei grandi "polmoni" della Terra. Ormai quindi, la fisica, la chimica, la genetica, l'elettronica e la biologia hanno assunto una nuova immagine non più di disinteresse e di innocenza; la ricerca oggi solleva spesso questioni etiche. Il nucleare è utilizzato per la produzione di energia, in vista dell'esaurimento delle riserve di idrocarburi, consentendo in tal modo l'acquisto sempre maggiore di beni durevoli grandi consumatori di corrente elettrica. I computers cominciano a invadere gli uffici pubblici e privati contribuendo anch'essi alla crisi dell'individuo. Decisivo è stato il ruolo della psicanalisi, diffusa in neppure tre decenni da una sorta di religione laica ampiamente condivisa. Nulla forse come la divulgazione e diffusione dell'opera di Freud attesta il vuoto lasciato dalla scomparsa di ogni forma di costruzione autonoma dell'"io". "Ero convinto che ci fosse ancora tempo, e parecchio. La società totalmente organizzata, il sistema scientifico delle caste, l'abolizione del libero arbitrio mediante il condizionamento metodico, la soggezione resa accettabile grazie alla felicità indotta chimicamente [soma=droga perfetta] , a dosi regolari, l'ortodossia martellata in capo alla gente coi corsi notturni di insegnamento ipnodico: tutte cose a venire, certo, ma non nei tempi miei [e inoltre] al nostro sistema etico tradizionale (in esso l'individuo ha importanza primaria) si va sostituendo un'Etica Sociale: adattamento, condotta socialmente orientata, appartenenza, acquisizione di capacità sociali, lavoro di squadra, vita di gruppo, pensiero di gruppo" (Aldous Huxley). Questo il panorama americano, europeo e mondiale degli anni Cinquanta. La Beat Generation ha sicuramente più diritto di altre generazioni di credere di aver ricevuto in eredità uno dei peggiori mondi possibili. La Beat Generation, che è specificamente il prodotto di tale mondo, nella storia americana è stata la prima a crescere in un'epoca in cui l'addestramento militare in tempo di pace rappresenti un dato di fatto della vita nazionale. E' stata la prima a conoscere le formule "magiche" della psicanalisi come "pane" quotidiano dell'intelletto. E' stata la prima alla quale il genocidio, il lavaggio del cervello, brain-wash, e la cibernetica risultino così familiari. Ed infine è la prima generazione che sia cresciuta in un mondo nel quale la soluzione finale di tutti i problemi sembri essere una sola: la distruzione nucleare. La reazione fu rivoluzione. Un misto di amarezza e volontà di lottare per sé, di scoprire le verità interiori, di combattere l'ovvietà e la falsità delle generazioni adulte con armi che vanno dalla provocazione alla negazione, dall'attacco all'autodistruzione; creare un nuovo mondo chiuso grazie cui entrare in contrasto, piuttosto che in contatto, con gli altri.
"Ero convinto che ci fosse ancora tempo, e parecchio. La società totalmente organizzata, il sistema scientifico delle caste, l'abolizione del libero arbitrio mediante il condizionamento metodico, la soggezione resa accettabile grazie alla felicità indotta chimicamente [soma=droga perfetta], a dosi regolari, l'ortodossia martellata in capo alla gente coi corsi notturni di insegnamento ipnodico: tutte cose a venire, certo, ma non nei tempi miei [e inoltre] al nostro sistema etico tradizionale (in esso l'individuo ha importanza primaria) si va sostituendo un'Etica Sociale: adattamento, condotta socialmente orientata, appartenenza, acquisizione di capacità sociali, lavoro di squadra, vita di gruppo, pensiero di gruppo."
Il mondo nuovo. Aldous Huxley

INTRODUZIONE:LA BEAT GENERATION.

Una corrente letteraria e culturale fiorita negli anni Cinquanta negli Stati Uniti, caratterizzata da una netta posizione di protesta nei confronti della società conformistica del secondo dopoguerra: una generazione stanca, battuta, senza la speranza di poter lasciare qualcosa al mondo contemporaneo. Erano gli anni dello Sputnik, l'era atomico-spaziale, un momento certo di crisi e un giornalista qualsiasi ebbe la discutibile idea di creare il termine beatnik per indicare alcuni scrittori che in un modo o nell'altro stavano facendo parlare di sé. Purtroppo bisogna ammettere che è questo ciò a cui si pensa quando, con incurante e indignante vaghezza, tentiamo senza successo di pensare a un triste momento della storia statunitense; in realtà noi ricordiamo appunto i beatniks, gli 'Hippie',i "figli dei fiori", le masse arrabbiate di studenti manifestanti, senza renderci ben conto del nostro imperdonabile errore. Fu Jack Kerouac a parlare per la prima volta di beat (=battuto) riferendosi non al ritmo musicale e di certo neppure all'idea di beatificazione, ma riprendendo il topos dell'uomo moderno battuto appunto e sconfitto di fronte alla società, alla falsa comunicazione, all'avidità per il denaro, alla violenza, alla sete di potere. Quindi, in seguito alla brillante pubblicazione di una rivista, si cominciò a parlare di movimento e di gruppo confondendo inequivocabilmente le comparse travestite della strada , che già nei Vagabondi del Dharma Kerouac esplicitamente attaccava, con i Beats: gli scimmiottatori con la minoranza di artisti. Una tale confusione li accomunò ben presto alla piccola delinquenza, date le brevi esperienze carcerarie di alcuni di loro, e così la gente comune raramente realizzò il vero atteggiamento e stile che il termine beat identifica: "aiuteremo a modificare le leggi che governano i cosiddetti paesi civili di oggi: leggi che hanno coperto la Terra di polizia segreta, campi di concentramento, oppressione, schiavitù, guerra, morte"."Qualcosa sta accadendo. Qualcosa di strano, di incerto, di allarmante, di vivo. Qualcosa che minaccia molte sacre tradizioni di questo paese, e reclama il diritto di dare alla nazione la sua ultima possibilità di salvezza".Allen Ginsberg parlava di traiettorie e triangolazioni di individui uniti dal comune modo di sentire: gente senza fede con la coscienza di non aver più nulla da perdere. Di fatto, la Beat Generation nasce dall'incontro di alcuni giovani tra cui si crea uno straordinario e incredibile legame: l'amicizia. E un gruppo di amici, battuti e in realtà beati, che contribuisce a dare vita a movimenti pacifisti, altri per i diritti civili e altri ancora per le libertà sessuali. Una generazione che è bruciata in fretta, e per questo spesso accomunata alla Lost Generation, la generazione "perduta", del primo dopoguerra, ma che ancora continua a farci compagnia nella nostra voglia di rompere gli schemi, di andare contro i conformismi puritani e soprattutto nel nostro diritto e dovere di salvare il nostro mondo. Kerouac, Ginsberg, Ferlinghetti, Corso, McClure, Snyder, Burroughs e tanti altri sono ancora nostri vivi compagni di viaggio. Ma allora che significa essere beat? "[...] chi è sopravvissuto a una guerra, sa che essere beat non significa tanto esser morti di stanchezza quanto avere i nervi a fior di pelle, non tanto essere pieni fin qui quanto sentirsi svuotati. Beat descrive uno stato danimo spoglio di ogni sovrastruttura, sensibile alle vicende del mondo esterno, ma insofferente delle banalità. Essere beat significa essersi calati nellabisso della personalità, vedere le cose dal profondo [...]"; e Corso infatti aggiungeva: "Se si vede la morte e fiori e si vede decapitata una persona di pace, se si vede un decapitato, è terribile, si piange, si diventa curvi e rattrappiti, un funerale è passato, si diventa beat". Inoltre una volta gli chiesero se i Beats fossero dei fuorilegge ed egli placidamente rispose: "E stato un fuorilegge il padre della nostra patria? Si. E' stato un fuorilegge Galileo per aver detto che il mondo è rotondo? Io dico che il mondo è rotondo! Non square, quadrato!". Inizialmente apparve lo hipster, l'esistenzialista americano, luomo che sa che se il nostro destino è quello di vivere sotto la continua minaccia di una morte istantanea per una guerra atomica o di una fine lenta ma certa per consumismo, essendo soffocato ogni istinto di creazione e di rivolta, allora l'unica risposta vitale è accettare la morte come pericolo costante, divorziare dalla società e imbarcarsi in un viaggio misterioso negli imperativi ribelli del proprio "io". Lo hipster è il "nero bianco" egli assume la vita, vissuta al presente, della gente di colore che è al di fuori delle istituzioni bianche - che cerca piaceri da provare nell'attimo presente, piaceri che la società bianca cristallizza e riproduce finendo per annientarli. Quindi violenza, sessualità, apoliticità e rifiuto di ogni moralità. Accanto a una siffatta figura si formò il beat, un giovane intellettuale deciso a far sentire la sua voce, accanito ricercatore di verità nella marijuana (lo hipster utilizza l'eroina), nel misticismo, nelle filosofie orientali, nel sesso e nelle lunghe improvvisazioni del be-bop. Lo hipster gelido, irraggiungibile, chiuso nella sua letale eroina, e il beat straziato dall'amore mistico per l'umanità, poeta respinto e incompreso, perennemente sullorlo della pazzia e fumatore di marijuana, vivevano fianco a fianco accomunati dal 'Be-Bop'di "Bird" Charlie Parker ascoltato nei locali del Greenwich Village (NY) o della North Beach (SF). Fu il beat a sopravvivere e diede voce alla propria angoscia e a scrivere il proprio "urlo". "Ci apparve Huncke e disse sono beat con luce radiosa sprizzante dagli occhi di disperazione... una parola tratta forse da qualche carnevale o caffetteria di drogati. Era un nuovo linguaggio, in effetti spade [negro] [...] Intorno al 1948, gli hipsters, o beatsters, si dividevano in caldi [hot] e freddi [cool].Gran parte della confusione riguardo gli hipsters e la Beat Generation deriva in genere dal fatto che ci sono due stili diversi di hipsterism: quello freddo è il saggio laconico e barbuto che siede davanti a una birra appena iniziata in un locale beat, ha voce bassa e scortese e ragazze nerovestite che non aprono bocca; quello caldo è il folle dagli occhi scintillanti (innocente e dal cuore aperto), chiacchierone, che corre da un bar all'altro, da una casa all'altra, alla ricerca di tutti, gridando irrequieto, brillo, cercando di far lega con i beat sotterranei che l'ignorano. La maggior parte degli artisti della Beat Generation appartiene alla scuola calda". Alla fine i Beats cool sparirono chiusi nel loro mondo; i beatniks si stancarono e soprattutto ebbero paura e tornarono alle loro case; i Beats hot invece - quelli di On the Road, per intenderci - continuarono a scrivere, a dipingere, a viaggiare e a fumare la marijuana però ora nascondendosi in modo tale da far calmare le ansie e i timori di polizia e gente, che raramente si curò di leggere ciò che questi "buffoni-delinquenti" avevano scritto troppo impegnati con riviste di cronisti mondani. Ora che i subterraneans, i sotterranei, di Jack Kerouac sono diventati famosi, molti critici li hanno identificati con la "Scuola di San Francisco", ma anche questo è da considerarsi un errore. La Beat Generation infatti si è inserita in tale gruppo costituito perlopiù da vecchi anarchici dadaisti, tra cui il "santone" Henry Miller, Kenneth Rexroth e Robert Duncan; ma, in realtà, i Beats, pressappoco una "gioventù bruciata", si diresse verso una direzione ben diversa seppur ramificata a partire da idee già note al mondo culturale del Novecento. Non sono professori o scrittori professionisti, cambiano lavoro continuamente e sono perennemente in bolletta; giovani disperati che credono nella vita ma che rigettano i sistemi morali precostituiti. Bevono molto, fumano parecchia marijuana e girano il mondo in autostop ascoltando e improvvisando 'Jazz', ma soprattutto scrivono romanzi e poesie. E stato facile quindi scambiare il loro stile di vita con una semplice rivolta anti-borghese. Ora però che le rabbie ideologiche si sono sopite, le invidie sono state appagate, il disprezzo è stato placato, il minuscolo gruppo di poeti-scrittori degli anni Cinquanta può essere visto non tanto come un semplice e curioso soggetto sociologico, ma come un motore creatore di utopia. E lutopia era quella di ottenere con una rigorosa non violenza la soluzione dei conflitti di classe e la liberazione da ogni tabù e soprattutto di proporre un nuovo e originale legame tra gli uomini e il Tutto.
"La Beat Generationè un gruppo di bambini all'angolo della strada che parlano della fine del mondo Jack Kerouac